sabato 15 settembre 2012

Appunti lusitani

Rimetto ordine negli appunti del viaggio in Portogallo appena finito. Non ho la presunzione di aver capito l'anima di un popolo in una settimana. Per far questo bisognerebbe mettere radici. 




Protesta a Lisbona davanti al Parlamento
Dalle brevi impressioni riunite nel mio taccuino, emergono immagini in ordine sparso. La splendida decadenza di Lisbona e la grandiosa solennità del Convento di Cristo che sovrasta Tomar, rappresentazione plastica del potere che l'Ordine dei Templari esercitò in Portogallo per sette secoli. L'odore di pesce fresco nelle calli di Oporto e quello dei libri antichi nella Biblioteca Joanina dell'Università di Coimbra. Grandi autostrade che tagliano a metà un paesaggio ondulato, ricoperto di foreste come ne ho viste solo in Germania e Danimarca, e nuvole nere di incendi che oscurano il sole e seccano la gola. Tramonti sull'oceano atlantico e ville Liberty dai meravigliosi giardini esotici. Il tram 28 che sferraglia arrampicandosi lungo le strette vie di Lisbona.
Il Portogallo, terra più occidentale d'Europa, oggi ne è il parente povero. Impero divenuto periferia; terra dalla bellezza languida e sensuale; fatalismo di un popolo atlantico, ma nelle cui vene scorre sangue mediterraneo.
Democrazia giovane e instabile, oggi fa parte di quel gruppo di nazioni che i tecnocrati dell'Europa anglosassone hanno definito Pigs, maiali, e a cui stanno imponendo condizioni di vita durissime. Nelle prime pagine dei quotidiani portoghesi di questi giorni, campeggiavano le ultime, insopportabili, richieste della Troika composta da FMI, Commissione Europea e BCE: riduzione dei salari e settimana lavorativa di sei giorni come per la Grecia. In pratica, la schiavitù legalizzata. 
Comincio a pensare che questa crisi altro non sia che una vendetta dei tecnocrati, desiderosi di uniformare al proprio triste e grigio stile di vita, fatto di rigore e ascetismo razionale, le popolazioni dell'Europa del sud. Come se fossero invidiosi della dolcezza del loro clima e della loro convivialità. Difronte a questa politica di omologazione di tutti i popoli europei ad un unico modello, la parola d'ordine deve essere "Resistere, resistere, resistere!". Le uniche armi, veramente potenti, a disposizione sono la pigrizia e l'indolenza meridionali. Li sconfiggeremo.

  

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